Al momento della morte di Don Paolo, Humberto Henrique Garcia Ellery
era sindaco del comune di Camaçari. La sua testimonianza
è particolarmente significativa, perché viene da una persona con la quale
Paolo ha frequentemente avuto degli scontri, per le ragioni che lo stesso sindaco espone.
La morte di Padre Paolo Tonucci ci ha rattristati tutti. Purtroppo se ne è andato quando aveva ancora molto da dare ai suoi fratelli. La nostra convivenza in Camaçari è stata lunga: più di dieci anni. Ed è stata una convivenza molto ricca. Non perché concordassimo in tutto, ma perché sapevamo affrontare le divergenze.
Padre Paolo era uno di quegli uomini radicalmente intransigenti. E non lo dico con un tono di censura. Lo faccio, al contrario, con profonda ammirazione. Difendeva le sue idee con un ardore insuperabile. Ci credeva, alla stessa maniera in cui credeva in Dio che amava.
Nella sua attività pastorale mantenne una preferenza: i poveri, i non favoriti dalla sorte, i miserabili. E su questo non aveva dubbi. Non so se la sua opzione per i poveri fosse Teologia della Liberazione o semplicemente la coerente interpretazione degli insegnamenti di Cristo.
Forse pensava continuamente al Discorso della Montagna. Forse credeva che un giorno il pane potesse essere spezzato per tutti. Forse credeva che quando dava protezione a un piccolo accoglieva lo stesso Cristo. Forse pensava necessaria l’espulsione dei venditori dal tempio per intronizzarvi gli affamati e gli assetati di giustizia.
Con le autorità, anche con me, entrava in contatto per rivendicare miglioramenti a favore della gente. Non chiedeva: reclamava diritti negati in una società ancora tanto ingiusta. Conversava con le autorità mettendosi sempre dalla parte degli abitanti dei vari quartieri. Era un organizzatore del popolo, oltre ad essere un evangelizzatore.
Il mio compito di servire il popolo l’ho svolto nell’esercizio di diversi mandati esecutivi. È una missione spinosa, come tutti sanno. Non furono poche le volte che Padre Paolo mi criticò, né poche le volte che le sue critiche mi aiutarono a correggere la direzione, mi furono utili per lo svolgimento corretto del “munus” di governare.
Vite come quella di Paolo fanno l’esistenza umana più bella e infinita. Ci ricordano che in un mondo profondamente segnato dall’egoismo, dallo spirito competitivo che non riconosce il prossimo, dal predominio del mercato e della merce, possono ancora nascere persone che si lasciano inquietare dalla miseria, dalla fame, dall’esclusione di milioni di esseri umani dai benefici dello sviluppo.
Vite come quella di Padre Paolo sono eterne. Perché di lui si parlerà sempre. E sempre si dirà che seppe amare e che, sapendo amare, fu felice. Ed essendo felice fu umano, essendo umano si mantenne vicino al Creatore, unito a Cristo, il quale desidera che gli uomini non ignorino il prossimo ma lo amino.
Riposa in pace, Padre Paolo.
Humberto Henrique Garcia Ellery